L’innovativo dispositivo per la respirazione assistita MVM, nato in Italia ma sviluppato grazie a una collaborazione internazionale, consente diverse modalità di ventilazione e ha un design semplice basato su componenti di facile reperibilità sul mercato.
E’ stato realizzato in poco più di un mese durante il lockdown per far fronte alla drammatica carenza di respiratori nel pieno dell’emergenza sanitaria. La ricerca di base e la collaborazione internazionale multidisciplinare si sono unite, al servizio della collettività, per salvare vite umane.
Abbiamo rivolto alcune domande all’ideatore del progetto Cristiano Galbiati della Princeton University e del Gran Sasso Science Institute, associato all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.
Ci spiega la correlazione tra fisica fondamentale e ventilatore meccanico?
Il ventilatore si basa su principi fisici. Eseguiamo ricerche avanzate sui gas tecnici presso il Gran Sasso Science Institute e studiamo i gas criogenici dal 2010. Questa esperienza ci ha consentito di acquisire competenze uniche e la capacità di gestire con la dovuta “sensibilità” e precisione l’instabilità dei gas.
Come è nata l’idea MVM?
Nel pieno della pandemia, stavo parlando con un amico imprenditore lombardo che gestisce un’azienda di gas tecnici. Mi raccontava di aver sponsorizzato la costruzione dell’Ospedale Covid-19 a Milano, ma che era preoccupato per la carenza di respiratori e per l’impossibilità di reperirli sui mercati internazionali.
Ho quindi deciso di mettere a disposizione le mie conoscenze sui gas tecnici e i miei contatti internazionali nel mondo della ricerca avanzata (circa 400 scienziati) per cercare una soluzione.
Si aspettava tanta collaborazione dai suoi colleghi ricercatori?
Sì, contavo sulla loro passione per i progetti sfidanti e sul loro cuore in un momento così difficile per tutti. Decine di ricercatori dai più grandi laboratori di fisica e delle Università d’Italia, Canada, Stati Uniti, Francia, Spagna, Regno Unito, Polonia e Germania: tutti al lavoro, notte e giorno, al nostro fianco, collegati via internet.
Mi ha stupito la rapidità con cui hanno sposato e supportato l’idea il premio Nobel per la Fisica Arthur McDonald della Queen’s University e il professore Fernando Ferroni, del Gran Sasso Science Institute, già presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che ringrazio nuovamente.
Che contributo hanno dato le aziende partner?
Oltre al coordinamento e alla disponibilità dell’azienda capo fila (Elemaster), è stato importante il contributo del Gruppo Camozzi che ha fornito il sistema di valvole interconnesse che permette di gestire il ciclo di pressione, in pratica il cuore di MVM. Camozzi Automation ha personalizzato la sua soluzione sulla base delle indicazioni che emergevano dai nostri test di flusso in laboratorio.
Da menzionare anche i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare che hanno coordinato lo sviluppo dell’elettronica e hanno progettato il prototipo della scheda che ospita il microcontrollore che gestisce le elettrovalvole, i sensori di pressione e di ossigeno.
Ci racconta un episodio particolare di questa avventura?
L’Air Force USA ha manifestato interesse nei confronti del progetto MVM. Quando abbiamo iniziato il percorso di certificazione del respiratore presso la Food and Drug Administration (FDA), alcuni ufficiali dell’Air Force ci hanno aiutato a ottenere la certificazione in tempi record.
In Afghanistan, sei giovani studentesse hanno recentemente inventato un ventilatore polmonare per gli ospedali locali. Conosce l’iniziativa?
Queste geniali ragazze hanno utilizzato una tecnologie diversa dalla nostra, approfondiremo sicuramente e cercheremo di contattarle per esprimerle la nostra ammirazione e per verificare se ci sono possibilità di cooperazione.
Quali sono i prossimi obiettivi?
Partendo dall’esperienza MVM stiamo pensando di realizzare anche un concentratore di ossigeno portatile non specificatamente pensato per i casi di Covid-19, utilizzabile nell’attività clinica ordinaria per migliorare la qualità della vita delle persone affette da malattie polmonari croniche. Il gruppo Camozzi, insieme ad altri della “cordata MVM”, ha già dimostrato la sua disponibilità a collaborare allo sviluppo del prototipo.
Sono responsabile anche di un progetto scientifico cui tengo molto e che è in una fase cruciale. Il progetto Aria prevede la realizzazione di un innovativo sistema per la separazione isotopica originariamente concepita per ricerche sulla materia oscura. All’interno di un pozzo minerario del Sulcis, una colonna di distillazione criogenica alta 350 metri consentirà di produrre isotopi stabili arricchiti per la diagnostica medica e lo sviluppo di medicinali innovativi.
Dalla riconversione dell’industria fossile nasce quindi un centro di eccellenza che servirà anche le start up che utilizzano gli isotopi per trasformarli in proteine, vitamine e molecole complesse.